Pergolato per impianto fotovoltaico: serve l’autorizzazione?

07.08.2020

L'opera non è considerata costruzione o tettoia, ma è una pertinenza rientrante nell'attività edilizia libera. Quali sono le condizioni da rispettare. 

Molte persone vogliono installare il proprio impianto fotovoltaico su un pergolato, una struttura sopraelevata che può essere in legno o in acciaio e funge anche da tettoia in modo da ottimizzare gli spazi. Questa soluzione è pratica e funzionale e concilia bene le esigenze energetiche con quelle della bellezza estetica. Ma se sei interessato a questa possibilità ti chiederai anche se serve qualche tipo di autorizzazione, permesso a costruire o concessione prima di poterla realizzare.

La risposta arriva dal Tar della Puglia, che con una recente sentenza [1] ha stabilito che si tratta di attività edilizia libera, per la quale non occorre il permesso a costruire rilasciato dal Comune. Nel caso deciso si trattava di un piccolo impianto fotovoltaico di produzione di energia elettrica per autoconsumo domestico, con una potenza di circa 4 kW, ma le considerazioni espresse dai giudici amministrativi sul tema hanno portata generale.

Il pergolato in questione era in legno lamellare e montato su quattro pilastrini (di dimensione cm 15 x 15) appoggiati sul terrazzo di proprietà esclusiva. Sopra c'erano le travi di collegamento, sempre in legno, su cui collocare l'impianto fotovoltaico. Il cittadino aveva presentato la Scia (segnalazione certificata di inizio attività) al Comune, che però la aveva respinta, ritenendo che si trattasse di una tettoia e che la costruzione avrebbe violato le altezze massime previste dalla disciplina urbanistica ed edilizia vigente nel territorio.

Così il proprietario è stato costretto a rivolgersi al Tar per chiedere l'annullamento del provvedimento comunale, l'affermazione del proprio diritto a realizzare le opere indicate nella Scia ed anche il risarcimento dei danni provocati dall'ingiustificato diniego del Comune.

I giudici hanno ritenuto che il pergolato costituiva null'altro che una «pertinenza urbanistica dell'abitazione» e non invece una superficie residenziale coperta, che avrebbe richiesto il preventivo rilascio del permesso a costruire. In questo modo, è caduta anche la contestazione dell'Ente sulla violazione dei limiti di altezza, poiché non si trattava di una nuova costruzione sottoposta a tale vincolo.

Ma, soprattutto, il Collegio ha rilevato che la realizzazione di questa opera «non richiede permesso a costruire essendo riconducibile al concetto di attività edilizia libera» [2]. Questa interpretazione poggia su una base solida: il Tar infatti ricorda che già la giurisprudenza amministrativa aveva stabilito che«la realizzazione di un pergolato sul lastrico solare di un edificio esistente, ancorché destinato a sostenere un impianto di produzione di energia elettrica, costituisce opera edilizia soggetta al regime delle opere assentibili [3] .

Dunque - prosegue la sentenza - «l'installazione di pannelli fotovoltaici si considera attività edilizia libera, che non richiede un titolo edilizio», ma questo «solo se i pannelli sono aderenti o integrati nei tetti o coperture di edifici esistenti» [4].

Con la normativa attuale, introdotta del Decreto sulla "Scia 2" [5] queste considerazioni vengono ulteriormente irrobustite poiché «i pannelli solari, fotovoltaici, a servizio degli edifici [6] possono essere eseguiti senza alcun titolo abilitativo, fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell'attività edilizia e, in particolare, delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico sanitarie, di quelle relative all'efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio» [7].

Infine, il Tar ha osservato che il pergolato di appoggio dell'impianto fotovoltaico del ricorrente è situato sul lastrico solare del terzo piano dell'edificio da egli abitato, e questo porrebbe il problema della necessità di allineamento in altezza agli altri edifici e circostanti; ma questa circostanza non è stata contestata dall'amministrazione comunale, che si era concentrata invece su una «diversa ma non chiara collocazione urbanistica del fabbricato in zona M2», che in giudizio è stata invece esclusa.

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