Ammenda
L'ammenda è la pena pecuniaria prevista per i reati contravvenzionali, esclusivamente, alternativamente o congiuntamente all'arresto che è invece la pena detentiva prevista per i reati contravvenzionali.
Cos'è l'ammenda
L'ammenda è la pena pecuniaria prevista per i reati contravvenzionali, esclusivamente, alternativamente o congiuntamente all'arresto che è invece la pena detentiva prevista per i reati contravvenzionali.
Mette conto, infatti, di precisare che la species di pena costituisce il criterio discretivo della tipologia di reato; ed, invero, i reati si distinguono in delitti e contravvenzioni secondo la specie di pena per essi stabilita: multa e o reclusione per i delitti, ammenda e o arresto per le contravvenzioni.
L'ammenda, in quanto pena pecuniaria, può essere irrogata con una sentenza di condanna o un decreto penale di condanna nella misura concretamente individuata dal giudice entro i limiti minimi e massimi stabiliti dalla legge che, ex art 26 c.p. sono, rispettivamente di 20 euro e di 10.000 euro.
Nella determinazione dell'ammontare dell'ammenda (come anche della multa), il giudice oltre a tenere conto dei criteri normativi di commisurazione della pena previsti dall'art. 133 c.p. (e aventi riguardo alla gravità del reato e alla capacità a delinquere del soggetto) deve tener conto anche delle condizioni economiche del reo e, a tal riguardo, può aumentare la multa o l'ammenda stabilite dalla legge sino al triplo o diminuirle sino ad un terzo quando, per le condizioni economiche del reo, ritenga che la misura massima sia inefficace ovvero che la misura minima sia eccessivamente gravosa (art. 133 bis c.p.).
Pertanto l'imputato, tratto a giudizio per rispondere di un reato punibile anche o soltanto con pena pecuniaria, deve allegare l'indispensabile documentazione idonea a chiarire la sua situazione economico patrimoniale, mentre il giudice ha l'onere di svolgere un ponderato e completo apprezzamento della stessa, giustificando l'esercizio del potere discrezionale atto a rendere la pena pecuniaria efficace o meno gravosa con una motivazione ancorata a dati oggettivi che dia conto delle scelte operate e degli elementi su cui è stata fondata.
Sempre avendo riguardo alle condizioni economiche del condannato il giudice, in applicazione del principio del favor rei, può disporre il pagamento rateale dell'ammenda (come anche della multa) in rate mensili da tre a trenta, ciascuna non inferiore a 15 euro (art. 133 bis c.p.). Tale rateizzazione può essere chiesta al giudice della cognizione ovvero, in fase esecutiva, alla magistratura di sorveglianza. In ogni momento il condannato può comunque estinguere la pena pecuniaria mediante un unico pagamento.
Differenza tra ammenda e multa
Come si anticipava, multa e ammenda sono entrambe pene pecuniarie, che conseguono alla sentenza o decreto di condanna per un reato che le preveda come sanzione alternativa o cumulativa a una pena detentiva, e che non incidono sulla libertà del soggetto ma sul suo patrimonio imponendo il pagamento di una somma di danaro.
La differenza tra multa e ammenda è la tipologia di reato per cui sono previste: in ragione della diversa gravità sono stabiliti dalla legge distinti limiti edittali entro i quali il giudice esercita discrezionalmente il suo potere di commisurazione: la forbice edittale della multa oscilla tra 50 e 50.000 euro atteso il maggior disvalore penale delle condotte delittuose (art. 24 c.p.); quella dell'ammenda tra 20 euro e 10.000 euro, come sopra indicato.
Multa e ammenda si distinguono anche sotto il profilo della prescrizione, cioè del decorso del tempo che fa venire meno la pretesa punitiva statale: infatti, la pena della multa si estingue nel termine di 10 anni (art. 172) quella dell'ammenda nel termine di 5 anni (art. 173 c.p.). Qualora multa e ammenda siano inflitte congiuntamente alla pena detentiva, rispettivamente, della reclusione e dell'arresto, il termine di prescrizione è per esse, quello della pena detentiva: termine che, per la la reclusione, è pari al doppio della pena inflitta (mai inferiore a 10 anni o superiore a 30 anni, e con la precisazione che l'estinzione non ha luogo se si tratta di recidivi reiterati delinquenti abituali professionali e per tendenza), per l'arresto è di 5 anni (salvo raddoppio per i recidivi reiterati, delinquenti abituali, professionali o per tendenza).
Differenza tra ammenda e sanzione amministrativa
L'ammenda è una pena pecuniaria prevista per un reato di natura contravvenzionale.
Essa consegue all'accertamento irrevocabile del reato contravvenzionale imputato ad un soggetto nell'ambito di un procedimento penale e viene inflitta con sentenza o decreto penale di condanna.
La sanzione amministrativa, impropriamente appellata come multa quando comporta il pagamento di una somma di danaro, è una sanzione pecuniaria connessa alla commissione di un illecito amministrativo e consiste nel pagamento di una somma non inferiore a euro 10 e non superiore a euro 15.000 (salvo si tratti di sanzione proporzionale che non ha limite massimo) secondo quanto previsto dall'art. 10 della legge 689/1981 e s.m.i., meglio nota come legge sulla depenalizzazione in quanto diretta ad alleggerire il carico penale con la trasformazione in illecito amministrativo di diversi illeciti penali puniti con pena pecuniaria.
La sanzione amministrativa pecuniaria può essere irrogata unitamente a sanzioni accessorie di natura diversa (si pensi al ritiro della patente nel caso di alcune infrazioni del codice della strada che comportano tale sanzione accessoria unitamente alla sanzione pecuniaria).
Essa consegue alla contestazione immediata della violazione amministrativa ovvero, in caso di mancata contestazione immediata, alla notifica della stessa nel termine di 90 gg dall'accertamento qualora l'interessato risieda nel territorio della Repubblica, trecentosessanta qualora risieda all'estero.
La sanzione amministrativa può essere opposta mediante ricorso al giudice di pace del luogo dove è stata commessa la violazione o al giudice ordinario per determinate materie (per esempio in materia di previdenza e assistenza sociale, antiriciclaggio, tutela del lavoro e igiene degli ambienti di lavoro): tanto al fine di chiederne l'annullamento o la riduzione.
Ed invero nella determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria fissata dalla legge tra un limite minimo ed un limite massimo (così come anche nell'applicazione delle sanzioni accessorie facoltative), si deve aver riguardo alla gravità della violazione, all'opera svolta dall'agente per la eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, nonché alla personalità dello stesso e alle sue condizioni economiche.
In ragione di ciò l'autorità giudiziaria o amministrativa che ha applicato la sanzione pecuniaria può disporre, su richiesta dell'interessato che si trovi in condizioni economiche disagiate, che la sanzione medesima venga pagata in rate mensili da tre a trenta, ciascuna non inferiore a euro 15,00.
La prescrizione della sanzione amministrativa è di norma cinque anni (art. 28 legge 689/81).
Ammenda e oblazione
L'oblazione è una causa di estinzione del reato contravvenzionale e consiste nel pagamento di una somma di denaro.
Si distinguono due tipi di oblazione: l'oblazione obbligatoria (art. 162 c.p.) che si applica alle contravvenzioni punite con la sola pena dell'ammenda; e quella facoltativa (art. 162 bis c.p.) che si applica alle contravvenzioni punite con la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda.
La prima consiste nel pagamento, prima dell'apertura del dibattimento o dell'emissione decreto di condanna (oppure, ancora, con l'opposizione a quest'ultimo), di una somma corrispondente alla terza parte del massimo della pena stabilita per la contravvenzione: in tal caso il giudice è tenuto a dichiarare l'estinzione del reato perchè l'oblazione opera di diritto; essa rappresenta, infatti, un'ipotesi di vero e proprio diritto soggettivo dell'imputato, cui il giudice non può sottrarsi, qualora sussistano i presupposti di legge.
La seconda consiste nel pagamento di una somma corrispondente alla metà della pena pecuniaria massima stabilita per la contravvenzione: sulla domanda di oblazione facoltativa il giudice esercita un proprio potere discrezionale, potendola respingere in ragione della gravità del fatto e della constatazione che il contravventore non abbia eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato, ove possibile.
L'oblazione facoltativa non è comunque ammessa quando vi sia una recidiva reiterata nella contravvenzione ovvero quando l'imputato sia un contravventore abituale o preofessionale.
Ammenda e appello
La sentenza di condanna che applichi la sola pena dell'ammenda, non è appellabile giusta la previsione di cui all'articolo 593 c.p.p., comma 3.
Tale sentenza è comunque impugnabile in sede di legittimità ex art. 111 Cost e 568 comma 2 c.p.p.; pertanto, ex art. 568 c.p.p. comma 5, l'appello erroneamente proposto avverso sentenza non impugnabile in sede di merito può essere convertito in ricorso per cassazione quando, al di là del nomen juris, le censure siano riconducibili ai motivi, previsti dall'art. 606 c.p.p., comma 1, deducibili con il ricorso per cassazione.
E' del pari inappellabile, ma pur sempre ricorribile in cassazione, la sentenza di proscioglimento relativa a contravvenzioni punite con la sola pena dell'ammenda o con pena alternativa.
Ammenda e casellario giudiziale
L'ammenda consegue a una sentenza di condanna per un reato contravvenzionale e, pertanto, ove non si sia fatto accesso all'oblazione ordinaria nei casi in cui questa è concedibile, il relativo provvedimento giudiziale è iscritto nel casellario giudiziale. Ed invero ex art. 3 DPR 313/2002, nel casellario giudiziale si iscrivono per estratto: a) i provvedimenti giudiziari penali di condanna definitivi, anche pronunciati da autorità giudiziarie straniere se riconosciuti ai sensi degli articoli 730 e seguenti del codice di procedura penale, salvo quelli concernenti contravvenzioni per le quali la legge ammette la definizione in via amministrativa, o l'oblazione limitatamente alle ipotesi di cui all'articolo 162 del codice penale, sempre che per quelli esclusi non sia stata concessa la sospensione condizionale della pena (...).
Mette conto di precisare che: nel certificato del casellario giudiziale richiesto dall'interessato (art. 24 DPR 313/2002) non vengono riportate le iscrizioni relative - fra le altre - "b) alle condanne per contravvenzioni punibili con la sola ammenda e alle condanne per reati estinti a norma dell'articolo 167, primo comma, del codice penale" cioè a seguito del decorso positivo del periodo di esperimento connesso alla concessione della sospensione condizionale della pena; nel certificato del casellario dei carichi pendenti richiesto dall'interessato (art. 27 DPR 313/2002) "non vengono riportate le iscrizioni relative (...) b) alle condanne per contravvenzioni punibili con la sola ammenda (...)".
Inoltre, le condanne per contravvenzioni punibili con la sola ammenda e le condanne per reati estinti a seguito di sospensione condizionale della pena non vengono riportate neppure nei certificati generale e selettivo che le amministrazioni pubbliche e i gestori di pubblici servizi hanno diritto di ottenere quando è necessario per l'esercizio delle loro funzioni (art. 28 DPR 313/2002).
Coerentemente, l'interessato che, a norma degli articoli 46 e 47 del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, renda dichiarazioni sostitutive relative all'esistenza nel casellario giudiziale di iscrizioni a suo carico, non è tenuto a indicare la presenza di quelle di cui al comma 7 dell'art. 28 (fra cui per l'appunto condanne per contravvenzioni punibili con la sola ammenda e le condanne per reati estinti a seguito di sospensione condizionale della pena), nonché di cui all'articolo 24, comma 1 (fra cui, tra l'altro, le condanne per contravvenzioni punibili con la sola ammenda e alle condanne per reati estinti a norma dell'articolo 167, primo comma, del codice penale).
Pagamento dell'ammenda e riscossione coattiva
L'ammenda (al pari della multa), essendo una pena pencuniaria, diventa esigibile con l'irrevocabilità della sentenza di condanna ovvero del decreto penale di condanna.
L'esazione prevede anzitutto la notifica all'interessato, ad opera della cancelleria del giudice dell'esecuzione (c.d. Campione penale), dell'invito a pagare entro il termine di 30 giorni e a depositare la ricevuta di versamento entro 10 giorni dall'avvenuto pagamento (art. 212 DPR 115/2002, T.U. Spese di giustizia). In caso di mancato pagamento nel termine previsto, la cancelleria iscrive a ruolo la somma dovuta dal condannato provvedendo contestualmente alla consegna della relativa pratica al concessionario per la riscossione dei tributi (art. 213 ss T.U. cit.). Il concessionario ha un termine di 4 mesi per notificare la cartella di pagamento al debitore, contenente l'intimazione di pagamento entro 60 giorni, decorsi i quali può procedere alla riscossione coattiva. Se anche tale procedura esecutiva ha esisto negativo, il concessionario provvede a darne comunicazione al Campione penale il quale, a sua volta, dà impulso alla successiva fase della procedura di conversione della pena pecuniaria.
Conversione della pena pecuniaria
Dopo la comunicazione da parte del concessionario che attesta l'infruttuoso esito del recupero dell'ammenda (come anche della multa), il Campione penale trasmette gli atti al pubblico ministero affinché presenti richiesta di conversione presso il magistrato di sorveglianza competente (art. 182 disp. att. c.p.p.). Il magistrato di sorveglianza, dopo aver svolto nuove indagini sulla solvibilità del condannaro, può disporre, in presenza di situazioni di insolvenza, la rateizzazione della pena a norma dell'articolo 133-ter del codice penale ovvero può differire la conversione per un tempo non superiore a sei mesi. Alla scadenza del termine fissato, se lo stato di insolvenza perdura, è ordinata la conversione della pena pecuniaria nella libertà controllata o nel lavoro sostitutivo.
La libertà controllata comporta: il divieto di allontanarsi dal comune di residenza, salvo autorizzazione concessa di volta in volta ed esclusivamente per motivi di lavoro, di studio, di famiglia o di salute; l'obbligo di presentarsi almeno una volta al giorno, nelle ore fissate compatibilmente con gli impegni di lavoro o di studio del condannato, presso il locale ufficio di pubblica sicurezza o, in mancanza di questo, presso il comando dell'Arma dei carabinieri territorialmente competente; il divieto di detenere a qualsiasi titolo armi, munizioni ed esplosivi, anche se è stata concessa la relativa autorizzazione di polizia; la sospensione della patente di guida; il ritiro del passaporto, nonché la sospensione della validità, ai fini dell'espatrio, di ogni altro documento equipollente; l'obbligo di conservare e di presentare ad ogni richiesta degli organi di polizia e nel termine da essi fissato l'ordinanza che determina le modalità di esecuzione della libertà controllata e l'eventuale provvedimento di modifica delle modalità di esecuzione della pena del magistrato di sorveglianza per sopravvenuti motivi di assoluta necessità.
Il lavoro sostitutivo consiste nella prestazione di un'attività non retribuita, a favore della collettività, da svolgere presso lo Stato, le Regioni, le Province, i Comuni, o presso enti, organizzazioni o corpi di assistenza, di istruzione, di protezione civile e di tutela dell'ambiente naturale o di incremento del patrimonio forestale, previa stipulazione, ove occorra, di speciali convenzioni da parte del Ministero della giustizia, che può delegare il magistrato di sorveglianza.
Il ragguaglio avviene nella misura di un giorno ogni 250 euro di pena pecuniaria.